In alcuni interventi e note redazionali del n. 5, il concetto
di realismo letterario è trattato in sé e
quale spunto di riflessione su un'idea più ampia
di "letterarietà". A proposito della relatività
ovvero convenzionalità del realismo attribuito a
un'opera, ecco i passaggi che sembrano più significativi
del menzionato articolo di Jakobson.
Da Il realismo nell'arte
di Roman Jakobson
(O chudoestvennom realizme, stesura originale
del 1921, Traduzione di Gian Luigi Bravo, testo tratto da
Poetica e poesia, Giulio Einaudi, Torino 1985)
[...] Il termine "realismo" fu però il
più sfortunato. L'uso acritico di questa parola,
il cui contenuto è estremamente vago, ha provocato
conseguenze fatali.
Che cos'è il realismo per un teorico dell'arte?
È una corrente che si è posta il fine di riprodurre
la realtà nel modo più fedele possibile e
che aspira al massimo della verisimiglianza: definiamo realiste
le opere che ci sembrano verisimili, fedeli alla realtà.
Già ora è possibile constatare l'ambiguità:
1) si tratta di un'intenzione, di una tendenza, cioè
si definisce realista l'opera che l'autore propone come
verisimile (significato A).
2) si definisce realista l'opera che l'esaminatore giudica
verisimile (significato B).
Nel primo caso noi giudicheremo per forza di cose in base
a un criterio immanente; nel secondo il criterio di decisione
è dato dalla mia personale impressione.
La storia dell'arte confonde in modo esasperante i due
significati di "realismo". Si finisce con l'attribuire
un valore obiettivo e assolutamente autentico al punto di
vista individuale. Il problema dell'una o dell'altra creazione
artistica è ridotto tacitamente a quello del rapporto
personale con l'opera; il significato A è sostituito
impercettibilmente dal significato B.
I classici, i sentimentali, i romantici in parte, i "realisti"
stessi del XIX secolo, i decadenti in gran numero, e infine
i futuristi, gli espressionisti, ecc., hanno spesso affermato,
e con insistenza, che la fedeltà al reale, il massimo
di verisimiglianza, in una parola il realismo, è
il principio fondamentale del loro programma estetico. Nel
secolo passato un tale slogan ha dato nome ad una corrente
artistica: e sono gli epigoni di tale corrente ad aver creato
la storia dell'arte attuale, e in particolare la storia
letteraria. Perciò un caso particolare concreto,
uno specifico indirizzo storico, viene riconosciuto come
la perfetta realizzazione della tendenza in questione, e
al fine di determinare il grado di realismo delle scuole
che l'hanno preceduto o seguito le si confronta semplicemente
con esso. E in tal modo si addiviene tacitamente ad una
nuova identificazione, si introduce un terzo significato
di "realismo" (significato C), costituito dalla
somma dei singoli tratti tipici di una determinata corrente
del secolo XIX. In altri termini lo storico della letteratura
considera le opere che meglio soddisfano il principio di
verisimiglianza quelle realiste del secolo passato.
Prendiamo in esame la nozione di verisimile in arte. Se
nelle arti figurative, nella pittura, si può ancora
cadere nell'illusione di una realtà oggettiva ed
assoluta alla realtà, la questione della verisimiglianza
"naturale" (per seguire la terminologia platonica)
di un'espressione verbale, di una descrizione letteraria
è del tutto priva di senso. Come si fa a porre il
problema del grado di verisimiglianza di questo piuttosto
che di quel tropo poetico? E come è possibile chiedersi
se una certa metafora o una data metonimia è più
realista di un'altra? [...]
La lingua quotidiana ha parecchi eufemismi, formule di
cortesia, giri di parole, allusioni, espressioni convenzionali.
Quando vogliamo che il discorso sia franco, diretto, espressivo,
rifiutiamo gli accessori da salotto, chiamiamo gli oggetti
con il loro nome, e questi nomi hanno una risonanza del
tutto nuova; diciamo in questo caso: c'est le mot.
Dal momento in cui facciamo uso corrente di questa parola
per designare l'oggetto, saremo all'opposto costretti a
ricorrere alla metafora, all'allusione, all'allegoria ogni
qual volta vogliamo dare una designazione espressiva. I
tropi ci rendono l'oggetto più sensibile e ci aiutano
a vederlo. In altri termini, quando noi cerchiamo la
parola giusta, capace di mostrarci l'oggetto, scegliamo
una parola cui non siamo abituati, almeno in quel contesto,
una parola violentata. Il termine inatteso può essere
tanto l'indicazione figurativa quanto quella propria, secondo
che l'una o l'altra sia in uso. [...]
Tale è il realismo innovatore in letteratura. Le
parole che ieri erano d'uso in una narrazione, oggi non
ci dicono più nulla. L'oggetto è perciò
caratterizzato da tratti che consideravamo meno caratteristici,
meno degni di figurare in letteratura, tratti che non erano
neppure notati. [...] Gli adepti della nuova scuola considerano
la caratterizzazione mediante tratti inessenziali più
realistica della vecchia tradizione, ormai cristallizzata.
Gli altri, i più conservatori, continueranno a modellare
le loro percezioni secondo i vecchi canoni e perciò
sentono la loro deformazione, voluta dalla nuova scuola,
come un rifiuto della verisimiglianza, una deviazione dal
realismo; continuano a curare i vecchi canoni come fossero
i soli ad essere realisti. Vediamo così che il significato
A della parola realismo, da noi individuato in precedenza,
e cioè la tendenza verso un verisimle artistico,
è stato definito in modo da dar adito, in realtà,
a due diversi significati:
A1: la tendenza a deformare i canoni artistici in voga,
interpretata come un ravvicinamento alla realtà;
A2 la tendenza conservatrice all'interno di una tradizione
artistica, interpretata come fedeltà alla realtà.
Il significato B riguarda il mio giudizio soggettivo di
un dato fenomeno artistico come fedele alla realtà;
se sostituiamo i risultati ottenuti per A otteniamo:
Significato B1: Sono un rivoluzionario in rapporto alle
abitudini artistiche attuali e ne percepisco la deformazione
come un ravvicinamento alla realtà.
Significato B2: Sono un conservatore e percepisco la
deformazione delle abitudini artistiche attuali come un'alterazione
della realtà.
[...]
Il contenuto concreto di A1, A2, B1, B2 è del tutto
relativo. Così un esperto contemporaneo scoprirà
che vi è del realismo in Delacroix e non in Delaroche,
nel Greco o in Andrej Rublëv e non in Guido Reni, in
un'immagine di donna scita e non in Laocoonte. Un discepolo
d'accademia del secolo scorso avrebbe dato un giudizio esattamente
opposto. Chi ha la sensazione della verisimiglianza in Racine
non la trova in Shakespeare, e viceversa.
Seconda metà del XIX secolo. In Russia un gruppo
di pittori lotta a favore del realismo (prima fase di C,
cioè un caso particolare di A1). Uno di questi pittori,
Repin, dipinge il quadro Ivan il terribile mentre uccide
il figlio. I suoi compagni approvano l'opera perché
è realistico (C, caso particolare di B1). Al contrario
il maestro di Repin all'accademia si indigna contro la mancanza
di realismo che vi è nell'opera e descrive particolareggiatamente
ogni deformazione del verisimile in Repin confrontandola
con il canone accademico che rappresenta per lui il solo
valido (vale a dire si muove secondo il punto di vista B2).
Ma ecco che la tradizione artistica accademica muore, il
canone dei "realisti" Ambulanti [società
di pittori attivi in Russia nell'Ottocento e Novecento]
s'impone e diventa un fatto sociale. Nuove tendenze sorgono
in pittura, un nuovo Sturm und Drang si fa strada; vale
a dire, secondo il linguaggio dei manifesti, si è
alla ricerca di una nuova verità. Tutto ciò
spiega come naturalmente per il pittore contemporaneo la
tela di Repin sia innaturale, non verisimile (dal punto
di vista B1), e solamente il conservatore che si tiene legato
ai "precetti realisti" si sforza di guardarla
con gli occhi dello stesso Repin (seconda fase di C, vale
a dire un caso particolare di B2). A sua volta Repin non
riesce a vedere nelle opere di Degas e Cézanne che
storture e perversioni (dal punto di vista B2). Questo insieme
di esempi mostra come sia relativa la nozione di "realismo";
invece gli storici dell'arte, che, come abbiamo già
detto, appartengono nella maggioranza dei casi agli epigoni
del "realismo" (seconda fase di C), trattano arbitrariamente
C e B2 come fossero la stessa cosa, mentre invece C non
è che un caso particolare di B. [...]
Dal momento che esiste una tradizione la quale afferma
che il realismo è quello definito da C, i nuovi autori
realisti (nel senso A1 del termine) sono costretti a dichiararsi
neorealisti, realisti nel senso superiore della parola,
naturalisti, a stabilire una distinzione tra il realismo
approssimativo e illusorio (C) e quello che per loro rappresenta
l'autentico (in altri termini il proprio). «Sono un
realista, ma nel senso più alto del termine»,
aveva già affermato Dostoevskij. A loro volta i simbolisti,
i futuristi italiani e russi, gli espressionisti tedeschi,
ecc., hanno pressoché ripetuta la stessa frase. Talora
questi neorealisti vengono a identificare del tutto la loro
piattaforma estetica con il realismo in generale, e quindi
sono obbligati ad escludere dal realismo i rappresentanti
di C. In questo modo la critica posteriore ci ha fatto sorgere
dubbi sul realismo di Gogol', Dostoevskij, Tolstoj, Turgenev,
Ostrovskij.
[...]
Prendiamo come esempio due suicidi che sono stati descritti
in letteratura, quello della povera Liza [eroina del romanzo
Bednaja Liza di N. M. Karamzin] e quello di Anna
Karenina. Nel narrare il secondo l'autore si sofferma in
modo particolare sulla descrizione della borsetta della
protagonista. Un particolare trascurabile, che non avrebbe
alcun senso in Karamzin, per quanto anche il suo racconto
paia una serie di tratti inessenziali, in confronto al romanzo
d'avventura settecentesco. Qui se l'eroe incontra qualcuno
incontra proprio colui di cui ha bisogno, o almeno di cui
l'intreccio ha bisogno. Mentre in Gogol', in Dostoevskij,
in Tolstoj l'eroe si imbatte regolarmente in qualcuno che
appare del tutto inutile alla fabula, né quest'ultima
trarrà un senso dalla conversazione dei due. Poiché
spesso si afferma che questo è un procedimento tipico
del realismo possiamo designarlo con D, ricordando che in
C incontriamo frequentemente D.
Si può proporre a un bambino questo problema: «Un
uccello è fuggito dalla gabbia. La distanza tra la
gabbia e il bosco è questa, quanto tempo gli sarà
necessario per raggiungere il bosco dal momento che viaggia
alla velocità di tanti metri al minuto?» E
ci si sentirà chiedere dal bambino: «La gabbia
di che colore era?» Il nostro bambino è un
tipico rappresentante dei realisti nel senso di D.
[...]
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Documento di richiamo, inserito il 25/08/2016
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