di Luigi Arista
Questa è una breve storia introduttiva e può
essere utile a chiunque la legga. Essa però ha una
specifica funzione per chi avesse già incontrato
nel web pagine con lo stesso nome ma diverse, e serve a
chi dovesse vederne ancora per qualche tempo, prima che
i motori di ricerca ne cancellino le loro copie obsolete.
Il fatto è che, in realtà, il dominio emeresi.it
fu istituito quando le opportunità della rete non
erano diffuse così capillarmente, disponibili quali
spazi personali come avere ognuno lo smartphone in tasca.
Era il 2003, e ancora si poteva pensare a un'aggregazione
di 'corrispondenti' intorno ad argomenti particolari o specialistici.
L'argomento di Emèresi sarebbe stato sia particolare
sia 'di moda'. Epoca di affermazione del new-age, di intenti
eterodossi rispetto al new-age e alle sue dottrine vulgate,
il 'sito' voleva trattare di nessi fra dimensione metafisica
e formalizzazione letteraria, nei testi di un grande poeta
come di chiunque tenga nel cassetto un quaderno di versi
per quando è triste o quando ama. Alla chiamata rispose
un numero irrisorio di lettori 'aspiranti scrittori' e non
fu ricevuto nessun contributo concettuale. Le pubblicazioni
furono saltuarie e sempre più rade, e intanto avanzavano
l'evoluzione funzionale e l'ubiquità del web, che
avrebbero permesso a tutti il pronunciamento in proprio.
Certo, tutti hanno diritto a pronunciarsi. Il problema è
che senza dialogare resta solo il caos di una foresta di
voci non parlanti. L'iniziativa si spense.
Non me ne rammarico. Le esperienze si elaborano, e io avevo
commesso un grande errore. Io stesso mi ero alienato il
dialogo a causa di un eccesso: lo schieramento, e su questo
mi soffermo.
Fin dai primi studi di approfondimento della letteratura
e della critica, ero rimasto colpito da una pagina di Baudelaire
critico d'arte, À quoi bon la critique? (nel
Salon de 1946), che fra l'altro dice: «Je crois
sincèrement que la meilleure critique est celle qui
est amusante et poétique; non pas celle-ci, froide
et algébrique, qui, sous prétexte de tout
expliquer, n'a ni haine ni amour, et se dépouille
volontairement de toute espèce de tempérament»,
e appena più avanti: «Quant à la critique
proprement dite, j'espère que les philosophes comprendront
ce que je vais dire: pour être juste, c'est-à-dire
pour avoir sa raison d'être, la critique doit être
partiale, passionnée, politique, c'est-à-dire
faite à un point de vue exclusif, mais au point de
vue qui ouvre le plus d'horizons.»
La memoria di queste opinioni, espresse da un riferimento
certo di poetica e poesia, mi confermava in un atteggiamento
tipico delle età forti (l'autore le aveva scritte
a venticinque anni), assecondare nel giudizio il mio "temperamento",
e considerare il senso stesso del giudizio come impegno
appassionato del 'mio' punto di vista: in definitiva, schierarmi.
Finché compresi, forse tardi, ma non tardi in relazione
all'efficacia di un'esperienza web, bensì per un
cammino etico, che si può, e si deve a un discorso
che non sia in un certo senso claudicante, come prevaricante,
stare in ascolto di altre possibili domande e altre risposte.
Lo compresi attraverso altri studi e altri rapporti, che
sintetizzo con una riflessione di Antonio Prete (in Sottovento,
2001, letto qualche anno dopo): «Ho attraversato anch'io,
come tanti della mia generazione, le stagioni che hanno
fatto del testo -texte, texture!- il campo di avventurose
incursioni e più o meno acrobatici esercizi teorici.
Ed ora, a distanza, si delinea con qualche chiarezza, la
rilevanza (la fortuna?) di alcuni incontri: lo studio degli
animatissimi registri desanctisiani contro la riduzione
didattica e idealistica di Croce, le posizioni combattive
della "nouvelle critique" contro l'inerzia dello
storicismo italiano, la lettura dei "francofortesi"
contro lo schematismo sociologico e ideologico, l'attenzione
alla "critica dei poeti" contro le convenzioni
della critica istituzionale, la tradizione di una filologia
composita contro l'assolutizzazione semiotica, il privilegiamento
dell'esegesi contro i sistemi di classificazione e di valutazione,
l'attenzione alla scrittura critica più che al giudizio
critico. Ma non sono, anche queste opposizioni, immaginarie
figurine di un teatro mentale, marionette di una disputa
tutta consegnata alla rappresentazione teorica, e dunque
lontana dal rapporto -vivente- tra i sensi del lettore e
i sensi del testo? Non appartiene, anche questo teatrino,
all'epoca della fiducia nella teoria?»
"C'est-à-dire", oggi non più schieramenti,
affinché il "point de vue exclusif" apra
e sia aperto a "le plus d'horizons". Un punto
di vista non vede un solo punto avanti a sé; esso
vede la 'prospettiva' di un oggetto. Ma ancora, uno sguardo,
lo sguardo di un 'temperamento', sa di cogliere all'orizzonte
una prospettiva che è ulteriore a quella di un altro
sguardo. La pagina baudelairiana, ancorché concettuale,
quale scrittura di un poeta chiedeva una lettura interpretante
(«j'espère que les philosophes comprendront
ce que je vais dire»). Io avevo trascurato, alla stregua
di molti, la seconda parte di lezione. Gli 'ulteriori' orizzonti
si contemperano agli altri nella stessa nozione di ulteriorità
- non un 'oltre' al di fuori, bensì 'in-oltre' quale
oltre che sta dentro, come l'esistenza del tropo non può
fare a meno del significato diretto di un significante.
Dunque da qui, dalla pluralità e dalla coesistenza
di visioni e stili, si rifondano gli scopi di questo dominio
internet e inizia ora, programmaticamente, Emèresi
in guisa di rivista letteraria. Essa è fatta per
proporre nuova letteratura e riproporre quella del passato,
per leggere e criticare, discutere e ridiscutere la critica
e tesi per la critica, esprimere opinioni. Si vuole cioè
rappresentare com'è percepito e vissuto oggi 'il
letterario'. La semplice ambizione è che si formi
anche solo un limitato 'salotto' nella rete, una piccola
comunità che svolga una conversazione umanistica
nella foresta delle voci on-line.
Luigi Arista (ottobre 2015)
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