Redazionale
La lettura della Gerusalemme liberata da parte di
Andrea Matucci, apparsa nel saggio del numero precedente,
muove a considerazioni su una realtà attualissima
partendo da un classico del passato. Come Matucci spiega,
a sua volta il Tasso protese lopera a «problematizzare
la contraddizione» fra valori etico-morali e ideologie
sociali a lui coevi, romanzando con grandi fantasia e poeticità
vicende e figure umane appartenenti a una tradizione secolare.
In entrambi i casi si tratta di modi creativi (stimolanti
la vivacità intellettuale) di operare dalla storia,
con la letteratura o con la critica, per agire sulla contemporaneità.
Dopo tali esempi, in ambito teorico può essere interessante,
invece, proporre una riflessione, o provocazione, sulla
letteratura che si occupa direttamente della realtà
contingente (contestuale e materiale), ovvero sul realismo
nel senso moderno.
Il concetto che si dà per realismo, ancorché
da assumere coi necessari distinguo fra le versioni (risalenti
a ispirazioni e metodi), nelle diverse epoche e latitudini
di vita ebbe comunque fini rappresentativi paragonabili
per dare luogo a una storiografia europea. Esso quindi,
il concetto che si dà, costituisce in Europa lultima
tendenza letteraria, durevole nel tempo e di produzione
consistente, articolata ma delineabile, dal cui termine
si può marcare il passo prima che la letteratura,
si dica per intenderci, diventasse soggettiva,
cioè prima di entrare nella selva che chiamiamo post-moderno,
selva sia delle poetiche sia della Poetica sia ancora del
più generale pensiero sullarte.
In Italia detto termine può essere fissato più
o meno con lacme del (così chiamato) neorealismo,
cioè letà della resistenza, della guerra
e dellimmediato dopoguerra. Ma la circostanza importante
fu che, intorno al centro del 900 europeo, ovunque
(salvo che nellarea sovietica) si producesse o si
discutesse di letteratura realistica, diversamente da quanto
era avvenuto con il naturalismo, offerto a tutte le classi
sociali quale sprone etico e riformatore, ora si intendeva
creare una cultura socialista antagonista alla borghesia,
nella preminente motivazione ideologica. È però
sottinteso che dalla provocazione qui proposta deve essere
espunto il risvolto ideologico, per ragionare sui modi di
inerenza della realtà in una estetica letteraria.
Già cosa appaia realistico in letteratura, e nellarte
in generale, risulta una questione convenzionale (Jakobson
1921, ed è noto il dipinto di Magritte 1928 che rappresenta
una pipa con la scritta «Ceci nest pas une pipe»).
Corti 1978, introducendo proprio una ricerca sul neorealismo,
ricordava che «la legge costitutiva di un testo letterario
si crea al punto di incontro fra livelli tematico-ideologici
e formali». Corretto richiamo come formula di individuazione
generale, ellittico su una questione sostanziale: chi percepisce
e decide il punto di incontro? Lo si deve ricavare
da quella parallela convenzione dordine superiore
per cui la letterarietà, o artisticità,
di un testo è configurata dal «rapporto scrittura-lettura,
la tradizione e il canone» (Luperini 1999). Plausibilmente,
lautorità non è il pubblico
(che lo è per Luperini). Realismo a parte, in senso
lato, per un lettore comune il rapporto scrittura-lettura
è finalizzato ai desideri piacere,
sorpresa, eccitazione, distensione, partecipazione, altri
, mentre la tradizione e il canone agiscono da un
retroterra culturale-formale non consapevolizzato; per il
critico e il teorico questi ultimi sono invece conoscenza
attiva che, plausibilmente, dovrebbe de-strumentalizzare,
al di là della volontarietà ideologica o altra
di autori, correnti, movimenti, il rapporto scrittura-lettura,
sottilmente percettivo e piuttosto scientifico che desideroso.
Contrapposizione dalla stessa posizione. Dialettica o
disfunzione?
(Redazionale del 13 giugno in Facebook)
György Lukács, teorico e critico letterario
marxista, esaltava la letteratura borghese realista dellOttocento
per affermare la necessità di un medesimo realismo
letterario come espressione del progressismo socialista.
Nellintroduzione alla raccolta dei suoi saggi, scritta
nel 1945 riassumendo le concezioni, egli diceva: «Non
è un caso che i grandi marxisti anche nella loro
estetica siano rimasti fedeli alleredità classica.
[...] Leredità classica significa per lestetica
quellarte sublime che ritrae interamente luomo,
luomo totale nella totalità del mondo sociale.
[...] Il vero grande realismo ritrae dunque luomo
completo e la società completa, invece di limitarsi
ad alcuni dei suoi aspetti. [...] Il problema estetico centrale
del realismo è ladeguata riproduzione artistica
dell uomo totale. Ma come in ogni profonda
filosofia dellarte, il punto di vista estetico, coerentemente
pensato fino in fondo, porta al superamento dellestetica
pura: il principio artistico, proprio nella sua più
profonda purezza, è saturo di momenti sociali, morali,
umanistici.»
Herbert Marcuse, filosofo marxista, le idee del quale influenzarono
fortemente la rivolta culturale degli anni 60, nel
1977 tirò le somme sullarte e scrisse un saggio
di estetica, riferendosi in particolar modo alla letteratura.
Eccone un breve passaggio. «La funzione critica dellarte,
il suo contributo alla lotta per la liberazione delluomo,
risiede nella forma estetica. Unopera darte
è autentica o vera non in forza del contenuto (cioè
della rappresentazione corretta delle condizioni
sociali), né della forma pura, ma per
opera del contenuto che si è fatto forma. / Se è
vero che la forma estetica tiene lontano larte dalla
realtà della lotta di classe, ed è ciò
che costituisce lautonomia dellarte nei confronti
del dato, questa dissociazione non produce tuttavia
della falsa coscienza o della mera illusione, ma piuttosto
una contro-coscienza, la negazione cioè della mentalità
realistica e del conformismo.»
Le due opinioni erano con tutta evidenza contrapposte. Sappiamo
di poterlo dire perché ci troviamo nel domicilio
di chi ammette critiche allarchitettura della casa.
E dunque: arte che manifesta una realtà sociale o
autonomia dellarte dalla mentalità realista?
Coscienza o controcoscienza?
La perenne discussione sullarte, e non solo da posizioni
etiche e ideologiche distinte ma anche della stessa origine,
dimostra la superiorità dellarte rispetto al
desiderio di inquadrarne la funzione e la natura. Quanto
poi a teorizzarla e criticarla, occorre stare attenti alla
disfunzione in cui il giudizio critico incorre quando è
unilaterale. Larte è certamente coinvolta dal
divenire reale, ma non vè dubbio che sia arte
quel che accende una sorpresa nel bel mezzo
della realtà, e la sorpresa è provocata sempre
da una differenza.
(pubblicato in Emèresi ad agosto 2016)
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