Una recensione ragionata al libro di poesie segnalato
nel "Libellus" e di cui in "Letteratura"
è pubblicata una selezione dimostrativa di brani.
di Luigi Arista
Si dice che le vie della poesia siano state già
tutte tracciate, e così sembra davvero. Fra le tantissime
scritture in versi degli ultimi almeno tre decenni, anche
quelle accolte nei circuiti letterari maggiori come le voci
migliori del nostro tempo, non si nota molto più
di riadattamenti di forme poetiche note, alcune consumate.
Ma è anche ovvio che un poeta maturi il suo stile
da altra poesia, passata o contemporanea a lui congeniale;
quel che conta è che egli non sia un semplice imitatore
e dissemini nei propri versi un'impronta personale originale.
Mi pare che a tale risultato sia giunto Marco Senesi, che
dopo alcuni marginali concorsi letterari e quasi invisibili
apparizioni nel web esordisce in libro a trentacinque anni
d'età con la raccolta intitolata post meridiem,
a mio parere meritevole di attenzione più di quanta
ne abbia potuta ricevere finora nei dispersivi contenitori
dell'editoria sommersa e della rete.
Pervenuta da letture probabilmente onnivore, o forse senza
conoscenze dirette ma con la sensibilità da parte
dell'autore di captare l'eco di molti linguaggi nell'espressione
dei poeti letti (sappiamo che fra i suoi preferiti vi sono
Montale e Plath e che ammira Tranströmer), la poesia
di Senesi ha solide fondamenta. Variata fra il verso lungo
fraseologico e la manipolazione di versi classici brevi
e lunghi, caratterizzata da frequenti enjambement che reclamano
la pausa intonativa, è una poesia ritmicamente ben
dosata, musicale, che dimostra appunto l'ampiezza delle
competenze formali unite ad altrettante capacità
linguistiche. ... Continua
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(pubblicato a giugno 2017)
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