Precisazioni sul "Pasolini anni '50" (2)
Un altro contributo si aggiunge alla discussione apparsa
nel Libellus dello scorso 28 marzo, riguardo l'interpretazione
data da Andrea Matucci a due opere fondamentali di Pier
Paolo Pasolini, Ragazzi di vita e Le ceneri di
Gramsci, e al loro rapporto. Il precedente scambio di
opinioni nel link in Archivio; il saggio all'origine della
discussione nell'Archivio della 'Critica'.
Matteo Veronesi interviene
Divergenza interpretativa rivelatrice. Forse la differenza
tra la posizione storica di Verga e quella di Pasolini risiede
in questo: da un lato, Verga ritrae (si pensi alla novella
Fantasticheria) l'astoricità di un mondo arcaico
che egli presume ed auspica non debba mai avere fine, durare
eterno come la natura stessa; Pasolini vede, invece, con
orrore, il mondo dei valori arcaici, la dimessa eppure solida
eredità dell'umile Italia (sintagma dantesco
che ricorre sotto la sua penna fermando, proprio nel momento
in cui sta contemporaneamente rinascendo in lui e svanendo
intorno a lui, questo novantiquo mito o ideologema) disgregarsi
davanti ai suoi occhi (basti pensare al Pianto della
scavatrice, accostabile forse allo sgomento di Baudelaire
di fronte alla Parigi che cambia, tanto che tutto ai suoi
occhi "devient allégorie"). La contraddizione,
lo scandalo del contraddirsi sono ineliminabili
in Pasolini. E il suo particolarissimo, paradossale e scandaloso
"conservatorismo" è nel suo essere, anche
e proprio da marxista, "una forza del passato".
Di fronte alla stronza Italia neocapitalistica e
televisiva (quella che abbiamo visto emblematicamente
svilupparsi e trionfare incontrastata negli ultimi decenni,
ma come riflesso di un fenomeno globale), forse il solo
modo di essere davvero rivoluzionario consisteva nell'essere
astorico, nell'evocare e rimpiangere un mondo perduto (fino
a ritenere, ereticamente, il Capitalismo un male peggiore
dello stesso Fascismo). Anche i valori della Resistenza
sono, per Pasolini - altro sintagma dantesco -, pura
luce, epifania di un'eticità superiore e assoluta.
L'unica posizione storica degna di un poeta gli sembrava,
forse, l'essere fuori, o meglio al di sopra, della storia.
(maggio 2016)
In Biblioteca è pubblicato un documento
di citazioni da scritti dell'intellettuale, da intendere
come se egli potesse esprimersi oggi personalmente intorno
ai contenuti della discussione su di sé: A
proposito di Pasolini, la parola all'autore.
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